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AUTISMI & TERAPIE
 


dove l'informazione diventa cura

WEBZINE  DELLA FONDAZIONE GIOVANNI XXIII AUTISMI E TERAPIE ONLUS
Settembre 2018
Anno I          N°2


AUTISMO: LA DIAGNOSI, IL METODO, LA FAMIGLIA, IL DESIDERIO

Ho pensato che, avendo abbandonato il formato cartaceo per quello digitale, la ricezione da parte del lettore possa mutare, come sono mutate le relazioni fra gli esseri umani in epoca “social”. Ecco quindi che mi accingo a scrivere un testo più colloquiale, più personale, ma non per questo meno rigoroso. Anzi, ancor più rigoroso proprio perché personale, senza cadere nel banale.

Stabilito ciò, a conclusione della partecipazione del sottoscritto in qualità di relatore a diversi seminari sull’autismo, mi è venuto in mente di provare a impostare la struttura di un libro sull’autismo a partire da 4 temi che ritengo essere fondamentali:

-      La diagnosi;

-       Il metodo;

-       La famiglia:

-       Il desiderio.

Ci tengo a sottolineare la presenza dell’articolo determinativo non in quanto, per esempio, esista il metodo dei metodi ma in quanto determinazione di una questione. Lo stesso dicasi della diagnosi e così via.

Il tema della diagnosi, in piena epoca di “medicalizzazione” del disagio dei bambini è quanto mai attuale. Mi chiedo: che cosa abbiamo guadagnato e cosa abbiamo perso nel passaggio dal DSM-IV al DSM 5°, nel passaggio dal Disturbo Generalizzato dello Sviluppo al Disturbo dello Spettro dell’Autismo, dalla schema psicologico a quello neurobiologico? Che cosa abbiamo capito in più di quel bambino specifico, che incontriamo nei nostri studi, del suo autismo? Non mi pare che il passaggio dallo schema esplicativo e descrittivo psicologico a quello neurobiologico abbia per esempio meglio attrezzato i genitori a trovare strategie per poter convivere con le difficoltà del proprio bambino, bambino che si trova a scomparire dietro la diagnosi di Spettro… Il vero Spettro diventa il bambino, che vaga senza ancoraggio nelle nostre menti, orfano di una soggettività che nessuna diagnosi medica può in alcun modo garantire.

Da qui, il metodo, che secondo le linee-guida tende proprio ad essere IL METODO: in questo momento storico l’ABA, fino a qualche anno il TEACCH, e nel contempo vari altri metodi “satellitari” che le famiglie che hanno figli con autismo adulti hanno provato, spesso con successi alquanto parziali se non assenti. E del resto, in un passato oramai lontano, la psicoanalisi L’introduzione del criterio della “scientificità” è quanto mai fuori luogo in quanto non di scientificità si tratta ma di quantificazione di dati, tutt’al più di correlazione. La correlazione è un modo di disporre i dati tra loro ma non sta al posto del rapporto tra causa ed effetto che, è noto, dovrebbe prevedere disegni sperimentali con il gruppo di controllo, ovvero un gruppo di bambini con autismo che non dovrebbero essere in alcun modo trattati. Naturalmente nessuno si sognerebbe di non fare nulla, sempre che ciò sia davvero possibile… La questione è che il dominio di un metodo, per quanto valido, è una faccenda pericolosa quando si tratta di esseri umani, ancor più bambini. Se passasse del tutto questa linea significherebbe che gli operatori non dovrebbero più occuparsi del proprio desiderio ma semplicemente sottoporsi a training rigorosi, a modi “industriali” di produrre operatori, ognuno confrontabile con l’altro soltanto attraverso la produzione di dati, di successi e insuccessi.

Quindi, ed ecco la questione del desiderio, diverrebbe inutile, se non controproducente confrontarsi, esaminare gli “errori” o meglio ancora gli effetti delle resistenze che ogni soggetto, se trattato, mette in campo. Verrebbe meno ogni forma di dissenso, saremmo di fronte al trionfo della norma, dopo che per decenni ci è stato insegnato che normalizzare il paziente è sbagliato, che la norma è soltanto un riferimento statistico da prendere con le pinze. Insomma, rientrerebbe in gioco dalla porta principale, una visione pre-basagliana del malato, che continua peraltro ad essere tale anche in epoca come la nostra che ipocritamente esalta il “normoatipico”.

E qui mi allaccio al quarto tema, quello delle famiglie, e mi riferisco soprattutto alle famiglie di ultima generazione, quelle che hanno bambini piccoli, o diagnosticati negli ultimi anni, le famiglie alle quali oramai viene risparmiata la cattiva novella del crudele psicoanalista separatore di bambini, Bettelheim, quello che, secondo la vulgata diffusa, dava la colpa alle madri… Come se il tema della colpa fosse un tema clinico, avendo invece a che fare con il Vecchio Testamento, con la Genesi, con la giustizia. Certo, alle madri e ai padri evitiamo il contatto esplicito con il tema della colpa, ma che dire loro quando è proprio l’amore per i propri figli, figli difficili, li fa sentire così tanto responsabili che il sentimento di responsabilità sconfina nel sentimento di colpa, peraltro proiettato sui cattivi di turno, per esempio i medici che vaccinano i bambini? Ecco che la famiglia, ora come allora, è un fattore centrale nell’autismo, ora come allora, ambiente ferito dalla comparsa della rottura inattesa di schemi relazionali dentro i quali l’amore è scambiato reciprocamente. “Mio figlio non MI parla”, dicono, e non semplicemente “mio figlio non parla”… Già questa frase è carica del sentimento di colpa, o no? Sarebbe ora di mettere al giusto posto la questione della diagnosi e del metodo, e tornare ad accogliere la famiglia ed il desiderio - quello dell’operatore, quello del genitore: il desiderio non come termine che apre ad una visione romantica ma vera e propria funzione che, attrezzata di competenza, può sgretolare il muro, da entrambi i lati.

                                                                                               Dott. Marco Oberti 

Il dopo di noi e la Fondazione Mediolanum Onlus
Lunedì 9 Luglio 2018 è stata organizzata una serata di beneficienza a favore della Fondazione Giovanni XXIII Autismi e terapie Onlus,
ospiti dell'Airport Hotel di Bagnatica.
La serata speciale è stata realizzata grazie al sostegno della Fondazione Mediolanum Onlus che dal 2005 ha aiutato e finanziato,in Italia e nel mondo,più di 380 progetti rivolti con particolare attenzione a bambini e minori in difficoltà.
Durante l'evento"dal durante noi al dopo di noi"i fondi raccolti sono stati raddoppiati fino ad un massimo di 5000€ da Fondazione Mediolanum e devoluti alla Fondazione Giovanni XXIII.
L'evento si è articolato in due momenti:una prima parte informativa,di cui poi vi tratteggerò gli interessanti contenuti,e a seguire un piacevole rinfresco.
Ringraziamo di cuore il Dott Alessandro Curto' per l'impeccabile organizzazione e la Dott.ssa Cristina Pontiggia per la gentile accoglienza.

La serata è iniziata con un incontro molto interessante col Dott.Doria in qualità di relatore.
Il Dott. Doria è un consulente esperto in problematiche relative al passaggio generazionale e in particolare,nella serata,ha trattato le novità,molto interessanti e ancora poco conosciute,introdotte dalla legge sul Dopo di noi.
La comunicazione è stata chiarissima e capace di risvegliare nei genitori presenti una consapevolezza informata più serena e fattiva.La presentazione di casi seguiti personalmente dal Dott.Doria ha delineato le possibili situazioni che una famiglia con figlio disable può trovarsi ad affrontare descrivendo le molteplici possibilità che la Legge sul Dopo di noi ha stabilito per la massima tutela dei nostri figli.
La scelta strategica è ampia e a volte davvero semplicissima,conoscendone modalità e tempistiche,a volte più impegnativa ma sempre tutelante i figli più fragili.
Non è mio compito riassumere qui le indicazioni emerse ma riporto che molti genitori,dopo questo incontro, si sono attivati per affrontare con serenità un argomento spesso scaramanticamente rimandato e invece doverosamente e opportunamente pianificabile.
Consiglio a genitori di ragazzi con disabilità di cogliere le occasioni future di partecipare a questi incontri col Dott Doria perché utili e chiarificatori.
Il 19 Ottobre presso l'Auditorium Fausto Begnis a Bergamo sarà presentato un Convegno su questo tema col Dott.Doria, la locandina sarà nel nostro sito e se qualcuno desidera partecipare basta comunicarci via mail a fond.giovannixxiii@libero.it il suo nominativo.

I NOSTRI RAGAZZI AL LAVORO IN AZIENDA
PRESSO LA BELLINI S.P.A.

 

Alla Bellini spa il mercoledì mattina , tra gli uffici ed il magazzino, potreste vedere al lavoro i nostri ragazzi affiancati da un operatore e da alcuni dipendenti dell’azienda specializzata nella produzione di oli lubrificanti.
 Il progetto avviato lo scorso mese di marzo  riguarda il coinvolgimento di alcuni nostri pazienti in chiave occupazionale . Una forma di impegno gratuito fifty-fifty che responsabilizza tutti, lavoratori ed impresa, forti della premessa che «nella nostra azienda facciamo grande attenzione ai progetti legati al territorio ed alla responsabilità sociale d’impresa», come spiega Marco Bellini, presidente e amministratore delegato della società, che con i fratelli Stefano e Andrea rappresenta la terza generazione alla guida dell’azienda.

Qui si fa a metà: la quindicina di dipendenti che ha aderito al progetto di volontariato a favore della nostra Fondazione  ci «rimette» un’ora del suo tempo, mentre l’altra la paga l’azienda.

Il progetto è soprattutto un’opportunità formativa/occupazionale in cui ogni paziente coinvolto può sperimentare il proprio percorso personalizzato di valorizzazione delle capacità e sviluppare nuove conoscenze applicabili poi nella vita quotidiana, esportabili e generalizzabili agli altri contesti di vita.

La finalità del progetto è quella di offrire la possibilità di far emergere le proprie capacità e le proprie risorse e di valorizzarle attraverso un’esperienza lavorativa  in modo responsabilizzante ed educativo/formativo e renderli compartecipi alla commessa lavorativa, in base alle singole capacità coinvolgendo e sensibilizzando attivamente sul tema della dsabilità mentale i dipendenti dell'azienda.
Un occasione che permette inoltre ai nostri pazienti di avere quella forma di socializzazione tipica dell'ambiente lavorativo ovvero quel processo sociologico e psicologico tramite il quale l’uomo diventa membro di una societa`. Ogni rapporto si basa sulla fiducia reciproca che i soggetti hanno gli uni verso gli altri. Sul posto di lavoro la socializzazione in primo luogo e` di tipo organizzativo, solo successivamente diventa di tipo personale ed e` legata alla capacita` degli individui di socializzare fra di loro. Da questo doppio legame nascono le organizzazioni «umane» vincenti.
Alla Bellini s.p.a. si respira un clima sereno fatto di tutte quelle componenti che possono rendere un posto di lavoro accogliente, coinvolgente, sincero e umano, sia per i dipendenti che per i nostri pazienti offrendo la possibilità di un impegno variabile a seconda delle esigenze della persona, fa sì che il progetto diventi un percorso estremamente personalizzato e fatto “a misura della persona”, fermo restando la serietà dell’impegno a livello occupazionale. 
Questo fa della Bellini s.p.a. Il tipo di ambiente idoneo per lo sviluppo di un progetto occupazionale per i nostri ragazzi.
                       
                        Dott. Marco Marchetti

Movimento e Benessere


 

A seguito della partecipazione al bando dello scorso Aprile indetto dalla Fondazione Comunità Bergamasca per il finanziamento di progetti in ambito sociale e socio-sanitario, abbiamo presentato il progetto “Movimento e Benessere” ovvero un laboratorio di attività psico-motoria che è stato selezionato e finanziato per la sua realizzazione.

L ’attività motoria che coinvolge persone con disabilità psichica è un importante ed efficace strumento educativo per il processo evolutivo e di sviluppo della persona, è motivo di emancipazione e accrescimento all’interno di un percorso integrato a livello bio-psico-sociale. Con l’attività fisica si ottimizzano le capacità motorie e propriocettive, si favoriscono le capacità logiche e intellettivo-cognitive ma soprattutto si avvia un percorso di benessere fisico e psichico.

Le attività motorie centrate su aspetti ludici possono essere particolarmente piacevoli, divertenti, rilassanti e benefiche per i soggetti con Disturbo dello Spettro dell’Autismo, attivano e favoriscono inoltre, le potenzialità individuali nuove ancora inespresse, incrementano capacità e risorse motorie, l’acquisizione di abilità nuove nei movimenti, il miglioramento dell’autostima, di elementi di motivazione, successo e quindi di valorizzazione personale, il tutto all’interno di nuovi contesti di vita e relazioni esterne alla Fondazione e su un territorio conosciuto dagli utenti.

L’attività motoria prevede la collaborazione con l’Associazione eu.Ginn A.S.D., Associazione Sportiva di Mozzo (BG), che si occupa di attività motoria e ha un’esperienza pluriannuale con utenti sia normodotati sia con disabilità fisica, psichica e intellettivo-relazionale.

Grazie all’aiuto dell’Associazione eu.Ginn A.S.D., Benedetti Marta, professionista del settore e Personal Trainer, costruirà un percorso motorio adatto e specifico per i nostri utenti e per le loro fragilità, il tutto si svolgerà in uno spazio specifico all’interno della Palestra Comunale di Mozzo (BG).

L’attività è strutturata con esercizi motori che coinvolgono tutte le parti del corpo (arti superiori e inferiori, schiena, addominali, ecc.) e interessano diversi tipi di motricità.

Le attività punteranno ad incrementare e potenziare l’allungamento muscolare e della colonna vertebrale, la forza e la tenuta della parte addominale, la mobilità articolare, la coordinazione, l’equilibrio e la propriocettività. Il tutto verrà proposto in modo dinamico e stimolante anche attraverso l’utilizzo di strumenti motori specifici come: palle Bosu, fitball, attrezzi e strumenti psicomotori, tavolette, step, tappeti elastici e materassini.

La parte più dinamica e di movimento appena descritta, sarà integrata inoltre con un percorso più orientato al rilassamento e alla sensorialità con attività sul materassino specifiche e con la presenza di un sottofondo musicale per facilitare la distensione muscolare e il relax.

Realizzeremo questo progetto per poter dare la possibilità ai nostri ragazzi di sperimentare attraverso i movimenti e attraverso il proprio corpo, una nuova e preziosa relazione legata non solo a vissuti di fatica e rigidità ma anche di gradevolezza, piacere e benessere generale.

Questo progetto appare oggi un percorso fondamentale nell’intervento clinico-socio-educativo della Fondazione che può dare un ulteriore valore positivo alle diverse attività già presenti nei Progetti Educativi Individuali dei nostri pazienti.

 

                Dott.ssa Annamaria Scaglia

Campagna di croudfounding per il progetto "ABITARE IL BLU"

E' iniziata la campagnia di raccolta fondi per il progetto “Abitare il blu”.

Una famiglia a noi associata sceglie di mettere a disposizione la propria abitazione per fa nascere un progetto sperimentale di residenzialità per i nostri ragazzi in un contesto abitativo e relazionale simile a quello di una casa famiglia.
Il progetto prevede la co-abitazione di 3 persone autistiche con la presenza permanente di un operatore a supporto.
Il numero ristretto di conviventi facilita l’instaurarsi di rapporti più profondi, permette di conservare delle proprie abitudini e di personalizzare alcuni spazi dell’abitazione.
Il numero ristretto permette anche di esprimere le proprie potenzialità. Ci sono ragazzi capaci di preparare la tavola, riordinare, stendere il bucato e si realizzano potendolo fare.

Inoltre si lavorerà sulla possibilità che gli utenti a più alto funzionamento siano di supporto agli utenti meno autonomi.
L’ubicazione dell’abitazione in zona densamente popolata permetterà di fare rete con il territorio ( vicini di casa, associazioni, oratorio, scuole ecc..).

Beneficiari del progetto
I beneficiari del progetto sono soggetti giovani affetti da disturbo dello spettro autistico, con livelli differenziati di funzionamento e quindi con differenti potenzialità/risorse in termini di autonomia sociale e relazionale. All’interno dell’abitazione gli utenti a più alto funzionamento saranno di supporto a quelli con autonomie sociali relazionali più limitate. Potenzialmente il progetto si rivolge a circa 20 soggetti provenineti da tutto il territorio provinciale. Il progetto prevede la coabitazione di tre soggetti per volta ( per notte o per weekend))

Attività dell'organizzazione
La Fondazione si occupa di pazienti adulti affetti da autismo grave e realizza interventi a carattere psicoeducativo finalizzati sia alla nascita, allo sviluppo e al mantenimento sia di autonomie di base personali e laddove possibile interpersonali, sia al miglioramento delle capacità relazionali, e di presa di coscienza pur parziale delle proprie difficoltà endogene.
La Fondazione intende garantire e accompagnare il passaggio dal 'durante noì oggi al 'dopo di noì domani, aiutando le famiglie a far crescere i loro figli, permettendogli di abitare nuovi spazi e fare nuove esperienze.

Se anche tu credi nel nostro progetto e vuoi sostenerlo con una piccola donazione clicca il pulsante blu qui sotto

                            Dott. Marco Marchetti

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